Balcani in Vespa, dalla Grecia all'Italia
- fabio pellizzato
- 3 giorni fa
- Tempo di lettura: 13 min
In Vespa da Salonicco a Riccione passando per Nord Macedonia, Kosovo, Serbia, Bosnia, Croazia, Slovenia e Italia.

C’è qualcosa di profondamente liberatorio nel viaggiare in solitaria. Ancora di più se lo fai su una Vespa, sentendo il vento in faccia, le strade sconosciute sotto le ruote, e ogni curva che ti regala un nuovo scorcio di mondo.
Il mio ultimo viaggio è iniziato in Grecia, nel cuore pulsante di Salonicco, ed è terminato in Italia, passando per alcuni dei Paesi più affascinanti e meno esplorati d’Europa: i Balcani. Un itinerario fatto di confini attraversati lentamente, di lingue che cambiano di colpo, di montagne e mare, di incontri imprevisti e silenzi infiniti.
In questo racconto voglio portarvi con me lungo questa avventura, tra asfalti e sentieri sterrati, tra città sorprendenti e villaggi dove il tempo sembra essersi fermato. È la storia di un viaggio, ma anche di una riscoperta: della strada, del mondo e, inevitabilmente, di me stesso.

Prima tappa: Salonicco-Skopje: curve dolci e frontiere gentili, e tanto sterrato...
La prima vera giornata di viaggio inizia con calma, lasciando alle spalle il caos di Salonicco. I chilometri non sono tanti – circa 190 – ma ogni metro sembra avere qualcosa da raccontare. Poco dopo la partenza, il Lago Doiran appare come una cartolina immobile: calmo, silenzioso, quasi timido. È qui che attraverserò la frontiera con la Macedonia del Nord, una delle più tranquille che abbia mai vissuto. Nessuna fila, solo qualche auto e un’aria rilassata che sa già di Balcani. Parlo un pò con il doganiere greco che mi fa tante domande dettate dalla sua curiosità.
Una volta entrato in Macedonia, cambia il ritmo del viaggio. La strada si snoda tra villaggi sonnolenti e paesaggi verdi punteggiati di piccole chiese nascoste tra gli alberi. È una Macedonia che si svela piano, curva dopo curva, con una bellezza semplice ma autentica.
A circa 90km dalla partenza trovo una chiesa incastonata nel verde di queste montagne, mi fermo a mangiare il mio cibo preparato a casa nella calma più assoluta, quasi mi sale la malinconia. Guidare qui però è un piacere puro: l’asfalto che serpeggia tra le colline, il sole che filtra tra i rami, e quella sensazione di essere esattamente dove dovresti essere.
Sapevo che il mio viaggio nei Balcani sarebbe stato avventuroso, ma niente poteva prepararmi a quella strada sterrata vicino a Skopje. La Vespa, che sembrava una piccola eroina nelle difficoltà, ha sfidato la sabbia, l'asfalto sconnesso, le buche e le erbacce con una determinazione che solo un viaggio come questo può regalare. Nonostante la preoccupazione iniziale, ho trovato dentro di me la stessa forza che mi ha sempre spinto ad affrontare le sfide più dure in moto.
E così, passo dopo passo, la strada difficile è diventata parte di un ricordo che rimarrà sempre legato alla libertà e all’adrenalina di un’avventura che sapevo già sarebbe stata qualcosa di speciale. Skopje mi aspetta, ma oggi non c’è fretta.
Arrivare a Skopje è come entrare in un set teatrale dove passato e presente si fondono in un equilibrio curioso. Capitale della Macedonia del Nord e casa per oltre mezzo milione di abitanti, la città ha una storia intensa alle spalle. Dopo la Seconda Guerra Mondiale visse una crescita rapida, interrotta bruscamente dal devastante terremoto del 1963, che rase al suolo gran parte del centro storico. La rinascita fu affidata a Kenzō Tange, visionario architetto giapponese, che trasformò Skopje in un affascinante puzzle architettonico tra brutalismo e tradizione.
Passeggiando, si incontra un po’ di tutto: le antiche chiese bizantine, il Ponte di Pietra costruito da Maometto II, il bazar ottomano che ancora pulsa di vita. Nel cuore della città si trova anche una targa che ricorda la nascita di Madre Teresa di Calcutta, alla quale è stato dedicato un mausoleo moderno in Makedonska Ulica.
Ma ciò che davvero colpisce è l’atmosfera scenografica e quasi surreale: statue gigantesche a ogni angolo, edifici con colonne esagerate, cavalli rampanti, eroi, filosofi, tori e poeti in bronzo. È come camminare in un museo all’aperto, con un’ estetica quasi mitologica.
Di sera, poi, la città si accende: lungo il canale appaiono velieri trasformati in hotel e ristoranti, le luci riflettono sull’acqua e i palazzi storici risplendono sotto eleganti lampioni di ferro battuto. Pulita, vivace e incredibilmente teatrale, Skopje ti lascia un misto di stupore e curiosità. Un inizio decisamente memorabile per il mio viaggio attraverso i Balcani.
Per la notte, tappa fissa all'Ostello Get Inn dove con 6 euro hai il posto letto (pulito) cucina con caffè gratuito e un parcheggio privato dietro l'edificio. Cosa chiedere di più?
Seconda tappa – Da Skopje a Sjenica: tra boschi, salite e… plastica
Dopo aver lasciato alle spalle l’energia vibrante di Skopje, ho puntato la mia fedele Vespa verso ovest, direzione Sjenica, Serbia.
Poco dopo aver lasciato Skopje, la strada mi porta alla frontiera con il Kosovo. C’ero già stato due anni fa, in moto con Federica — c’è anche un post sul sito Teneroad, se volete dare un’occhiata. Al confine, come sempre, l’atmosfera è tranquilla e il personale cortese. Con 10 euro sistemo l’assicurazione standard e riparto.
L’aria è pungente, le montagne innevate si stagliano all’orizzonte e rendono il paesaggio quasi irreale. Mi fermo per colazione: una pizza intera e due caffè americani. Non proprio un pasto tipico, ma perfetto per scaldarmi un po’.
La natura qui è meravigliosa, selvaggia, con scorci che sembrano usciti da una cartolina. Ma dopo qualche chilometro, poco prima del confine serbo, il paesaggio cambia. La strada si fa più monotona, una statale dritta e piena di camion. Ai lati, un susseguirsi di negozi di ogni genere accompagna il tragitto, quasi senza soluzione di continuità.
Lungo la strada vedo un cartello che indica il Monastero di Sokolica. Decido di deviare per dieci minuti e ne sono ricompensato. Il monastero ortodosso serbo, situato nel villaggio di Boletin, nel nord del Kosovo, è un luogo di grande spiritualità e bellezza. Visitare il monastero di Sokolica è stato un momento di pace e riflessione, un incontro con la storia e la spiritualità di una regione complessa e affascinante.
Arrivato al confine serbo, il doganiere guarda la Vespa e mi chiede la destinazione: Milano! rispondo.
With Vespa??
Yes!
E con il collega scoppiano a ridere.. ma a Milano ci arriverò eccome!

Dopo aver lasciato alle spalle il Kosovo, riprendo la marcia in direzione Sjenica.
Una deviazione mi incuriosisce: indica una chiesa scavata nella roccia, e decido di seguirla. La strada si trasforma presto in uno sterrato polveroso, che si arrampica tra alberi e cespugli. Procedo piano, cercando di orientarmi, ma della chiesa nessuna traccia. Niente cartelli, nessuno in giro. Solo silenzio, natura e qualche cane randagio che mi osserva passare.
Eppure, proprio quando stavo per tornare indietro, mi ritrovo a guidare dentro un tunnel scavato nella roccia, una vera e propria grotta. È stretto, umido, e le ruote scricchiolano sul terreno ghiaioso. All’uscita, un piccolo ponte di legno attraversa un fiume limpido. Con il cuore in gola attraverso il ponte cercando di mantenere le ruote sulle assi di legno che sembrano spezzarsi sotto il nostro peso, poi attraverso il fiume e mi fermo a guardare il pericolo appena passato. Ora devo tornare indietro nuovamente e ripercorrere la grotta a ritroso. La scena sembra uscita da un film d’avventura. Forse non ho trovato la chiesa, ma la deviazione ha regalato qualcosa di ancora più raro: un frammento di viaggio assolutamente inaspettato.

Appena rientrato nella strada principale la strada ha cominciato a salire. E salire. E salire ancora. La Vespa ha iniziato ad arrancare come un vecchio mulo in montagna, e io con lei: prima in seconda, poi in prima, a passo d’uomo, con il motore che sembrava dirmi “ma sei serio?”. Ma proprio queste sfide rendono il viaggio indimenticabile. Ogni tornante era una conquista.
Il paesaggio ripagava ogni sforzo: foreste fitte, distese verdi a perdita d’occhio, e quell’aria fresca di montagna che sa di libertà. Silenzi rotti solo dal suono del motore e dal frusciare del vento tra gli alberi. In certi punti, sembrava di viaggiare dentro una cartolina. Ma purtroppo non tutte le immagini erano da ricordare.
Lungo molte strade secondarie, la natura convive con un nemico silenzioso: la plastica. Bottiglie, sacchetti, resti di picnic abbandonati. Un pugno nell’occhio che fa riflettere su quanto ancora ci sia da fare per rispettare l’ambiente, soprattutto in zone così belle e poco battute dal turismo di massa.

A fine giornata Sjenica mi ha accolto con il suo fascino semplice, il ritmo lento, e le persone curiose che mi guardavano come se venissi da un altro pianeta – o forse solo perché ero l’unico su una Vespa carica come un mulo. Una cena calda e poi il silenzio della notte balcanica: la ricompensa perfetta.
Peccato che il letto fosse pieno di acari o chissà quale bestia perchè a distanza di settimane ho ancora il corpo coperto di bolle rosse!
Terza tappa – Da Sjenica a Jajce: tra altopiani, vento contrario e cascate da fiaba
Parto da Sjenica al mattino presto. L’aria è fresca, il motore della Vespa ronza sotto di me e la strada inizia subito a salire tra pini e pascoli. Dopo pochi chilometri, arrivo nella zona del canyon dell’Uvac. Non posso ignorare questo spettacolo con il fiume che forma curve perfette tra le rocce, come un serpente verde che dorme tra le gole, ma purtroppo in Vespa si va piano, il meteo è incerto e devo per forza saltare questo luogo.
Scendo verso Priboj, e da lì seguo la strada che mi porta al confine con la Bosnia-Erzegovina. Passato il confine, inizia un altro mondo: quello della Drina. Il fiume scorre profondo e tranquillo tra pareti altissime, e la strada gli corre accanto in un gioco di curve e tunnel. In certi tratti mi sembra di volare sospeso tra acqua e roccia.
Riparto e lascio la Drina alle spalle. La strada si fa più dolce, attraversa colline verdi, campi coltivati e villaggi che sembrano fermi nel tempo.

Trovarmi nel percorso a passare ancora a Sarajevo, ma questa volta non in moto, ma in Vespa, è sempre un’emozione. La città sembra accoglierti con il suo equilibrio perfetto tra tranquillità e caos. Da una parte, ci sono le stradine pittoresche dove il tempo sembra rallentare, l’odore del caffè che si mescola con quello del pane appena sfornato, e le piccole botteghe che raccontano storie di generazioni. Dall’altra, il caos della città prende vita: le strade più larghe si affollano di gente, le voci che si sovrappongono, il traffico che pulsa con energia. Sarajevo è una città che sa essere placida e frenetica nello stesso momento, una città che respira storia ad ogni angolo, dalla Moschea Gazi Husrev-beg al ponte latino, fino al vecchio bazar Baščaršija.
Dopo tanti km di verdi colline, all’improvviso, Jajce: che sorpresa. Questo piccolo gioiello bosniaco, incastonato tra due fiumi, mi ha accolto con le sue famose cascate in pieno centro città. Una cartolina vivente. Il centro storico ha un’aria vissuta e autentica, con minareti e chiese che convivono come vecchi amici. Ho parcheggiato la Vespa davanti alle cascate, ho tolto il casco e mi sono seduto a guardare l’acqua scendere, ipnotizzato. In quel momento, la fatica della giornata è svanita.
Da canyon mozzafiato a fiumi leggendari, questo tratto di strada è uno dei più belli che abbia mai percorso in Vespa.
Quarta tappa – Da Jajce ad Abbazia: tra cascate, bunker segreti e finalmente il mare!
Quando sono ripartito da Jajce, avevo ancora nelle orecchie il rumore delle sue cascate e negli occhi quel mix unico di storia e natura. La strada che mi aspettava era lunga, ma piena di promesse. Oggi si attraversa la Bosnia, si entra in Croazia e si arriva finalmente al mare. Ma non senza una deviazione che sembrava uscita da un film.
La Vespa, sempre fedele, ha macinato chilometri tra vallate verdi, curve solitarie e paesini in cui il tempo pare essersi fermato. In Bosnia ogni curva è una sorpresa: un pastore, un vecchio cartello arrugginito, una donna che vende formaggio sul ciglio della strada. Il paesaggio è generoso, autentico, e a tratti surreale.
Poco prima del confine croato, ho deviato verso un luogo di cui avevo un bellissimo ricordo di due anni prima con la mia Yamaha: Željava Air Base. Un’ ex base militare jugoslava, abbandonata, enorme, inquietante. La pista – lunga chilometri – è ancora lì, spaccata ma percorribile. L’ho attraversata con la Vespa, tra buche, cespugli e bunker scavati nella montagna.
Silenzio totale, aria pesante. Sembrava di essere dentro un videogioco post-apocalittico. La Vespa, minuscola su quel nastro d’asfalto ormai preda dell’erba, sembrava un esploratore solitario. Un luogo assurdo e affascinante, da brividi.
Dopo Željava, si entra in Croazia. E cambia tutto. Le strade migliorano, le case si fanno più curate, l’orizzonte si apre. Poi, improvvisamente, l’Adriatico. Visto dall’ alto, in lontananza, come una promessa mantenuta. L’aria cambia. Odora di salsedine e libertà. Davanti a me il mare e le isole. Qui in Croazia trovo le prime goccioline, il cielo è grigio.
Opatija – o Abbazia, per noi italiani – è un tuffo nell’ eleganza di altri tempi. Ville liberty, palme, hotel storici e il famoso Lungomare che accompagna i passi tra mare e storia. La Vespa qui si sente un po’ fuori luogo tra auto di lusso, ma riceve comunque il suo tributo di sguardi e sorrisi.
La birra al tramonto vista mare sarà un ricordo, la pioggia è ormai incessante e di Abbazia mi ricorderò il riscaldamento a 25 gradi della mia stanza e un lungo riposo.
Quinta tappa – Da Abbazia a Veronella: bentornato in Italia (ma solo di passaggio)
Dopo giorni tra Balcani, boschi, bunker e benzina di dubbia qualità, la strada mi ha riportato a casa. O quasi. La tappa di oggi è stata un lungo rientro verso l’Italia, con arrivo a Veronella, in Veneto. Un luogo tranquillo, scelto non per turismo ma come base strategica prima di affrontare… la burocrazia.
Partire da Opatija (Abbazia) non è semplice: il mare lì ti guarda con aria nostalgica, come se sapesse che lo stai abbandonando. Ma il viaggio è viaggio proprio perché non ci si ferma. Lasciata la costa, la strada si arrampica tra i colli dell’ entroterra istriano, poi scivola verso l’altopiano, attraversando confini invisibili. Niente dogana tra Croazia e Slovenia e poi solo un cartello: Italia.
Rientrare in Italia in Vespa, dopo giorni in cui ogni parola letta era in cirillico o in bosniaco, fa uno strano effetto. I cartelli autostradali, i bar con l’espresso decente, persino i distributori di benzina sembrano più “amichevoli”. Ma allo stesso tempo, qualcosa manca. L’ignoto, l’imprevisto, quella piccola ansia da viaggio che ti fa sentire davvero vivo.
Veronella non è una meta da cartolina, e nemmeno pretende di esserlo. È tranquilla, ordinata, con strade dritte, campi coltivati e bar dove la gente si conosce tutta. Ma dopo tanti chilometri, è proprio quello che serve: una doccia, un letto, un punto fermo. È il primo vero stop italiano prima della prossima missione: la visita al consolato russo di Milano per il viaggio nel Pamir.
Perché sì, anche i viaggi più liberi a volte devono piegarsi alla burocrazia. Ma quella è un’altra storia.
Sesta tappa – Da Veronella a Milano: ZTL, spritz e burocrazia in arrivo
Dopo la tranquillità campagnola di Veronella, la Vespa ha puntato il muso verso ovest. Milano non è proprio la meta ideale per chi ama i ritmi lenti e la guida rilassata, ma era una tappa necessaria. Anzi, strategica: consolato russo, visto doppio ingresso. Ma prima di affrontare carte, firme e formalità… c’è stato spazio per un piccolo aperitivo e tanta amicizia.
Il viaggio da Veronella a Milano è stato una corsa tra campi, paesini e poi pian piano, autostrade e tangenziali. La Vespa ha retto bene, anche se l’asfalto lombardo a tratti sembra più ostile delle buche balcaniche. E poi, la città: frenetica, rumorosa, con quel mix di fascino e stress che solo Milano sa offrire.
Prima di arrivare a destinazione, mi sono fermato in un bar di periferia. Uno spritz per sciogliere i muscoli e i pensieri, ma anche per prendere tempo. L’ansia vera era un’altra: le ZTL. Quelle zone misteriose, che compaiono solo dopo che le hai già oltrepassate. Nonostante il GPS, le ricerche e la prudenza… il dubbio è rimasto fino alla fine: “L’avrò presa o no?”.
Ad accogliermi, una cara amica. Di quelle che ti fanno sentire a casa appena aprono la porta. Un abbraccio, un sorriso, e la cena è già in preparazione (una insalata e una pizza surgelata XD). La Vespa parcheggiata in cortile, io finalmente seduto, e via con le chiacchiere. Abbiamo parlato di tutto: del viaggio, di dove sono stato, di dove andrò.
La cena è finita con qualche risata e una pila di fogli da preparare. Passaporto, assicurazione, itinerari. Il famoso “visto doppio ingresso” per la Russia non si ottiene per simpatia. Ma per oggi basta burocrazia. La giornata è stata lunga, ma anche bella. E domani si torna a fare il viaggiatore… con un po’ di carta in più.
Settima tappa – Milano, consolato russo e la lettera dell’ invito mancante (che il sito non menziona oppure non ho letto io)
La sveglia è suonata presto, con quella sensazione strana che si ha quando devi affrontare l'ansia di chiedere un permesso ad un consolato. Oggi si doveva “portare a casa” il famoso visto russo. Documenti stampati, fototessere fatte, passaporto pronto. Tutto sotto controllo, no? No. La lettera d'invito è obbligatoria e la mia richiesta rimarrà in sospeso per settimana dopo che amici russi di Mosca si sono fatti in quattro per aiutarmi.
Deluso, confuso ma ancora in viaggio, nel pomeriggio sono salito di nuovo in sella. Direzione: Modena, dove mi aspettava un’altra cara amica. Un paio d’ore di strada tra traffico, autogrill e un pò di pioggia che non mi aspettavo.
Ad aspettarmi la mia amica Giulia, un divano accogliente e una chiacchierata che ha spazzato via il malumore della mattinata. Modena, con i suoi portici, il profumo di tigelle nell’aria e l’inconfondibile accento emiliano, è stato il rifugio perfetto.
La Vespa ha trovato posto al coperto, e io ho trovato un sorriso sincero. E anche se il visto non è stato completato, almeno un pezzo d’Italia mi ha ricordato perché questo viaggio, nonostante tutto, ne vale sempre la pena.
Ottava tappa – Modena – Riccione: sulla Via Emilia, semafori e una tanica d’oro
Dopo una notte tranquilla a Modena e una colazione che mi ha ricaricato come solo un buon caffè e un sorriso emiliano sanno fare, la strada mi chiamava. Oggi si tornava a casa, o quasi. Riccione, la mia meta finale, era a un passo. La Via Emilia mi avrebbe guidato, con il suo mix di traffico, semafori e paesaggi che ormai conoscevo fin troppo bene.
Non c’è niente di più italiano di percorrere la Via Emilia in Vespa: semafori, strade trafficate, e quel ritmo da città che non si ferma mai. Ogni chilometro un ricordo, ogni tappa un piccolo pezzo di storia. La Vespa ruggiva sull'asfalto, tutto sembrava fluire senza intoppi e per finire un bel panino porchetta e maionese!
A un certo punto, lungo la strada, un camionista uzbeko si è fermato accanto a me. Con un sorriso e un gesto, mi ha offerto una gigantesca tanica di benzina. “Prendi, amico”, mi ha detto in un misto di russo e italiano, “per il tuo viaggio, non te la faccio pagare.” Una generosità che mi ha spiazzato, ma che ho accettato con gratitudine. Finalmente, avevo benzina a sufficienza per arrivare a Riccione, senza più preoccupazioni.
Però… quella tanica enorme era difficile da trasportare sulla Vespa. Così, dopo aver riempito il serbatoio e la tanica di riserva, l’ho dovuta restituire. Impossibile portarla con me fino a Riccione, nonostante il pensiero del camionista.
Arrivato a Riccione, la mia meta finale del viaggio, l’emozione di essere arrivato a casa, o quasi, è stata indescrivibile. Un po’ stanco, un po’ soddisfatto, ma con la consapevolezza che ogni chilometro fatto valeva la pena. Ho lasciato la Vespa in garage, mi sono fatto una doccia e, per la prima volta, ho davvero sentito che il viaggio era finito.
O forse solo una pausa prima di ripartire. Chi lo sa?

PS: aggiornamento Maggio 15... visto Russia doppio ingresso approvato!!
Suggerimenti:
Una tanica da 5lt può essere molto utile
Qualche attrezzo di base
Lampadina di scorta
Candela di riserva
Filo frizione e acceleratore di riserva
Compressore pneumatici portatile
Kit foratura pneumatici
Km totali: 2.500 ca
Itinerario in mappa:
Comentarios