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Le Vie della Seta in moto - 2025: un viaggio in solitaria attraverso 7 Paesi e 18.200km

Grecia-Turchia-Georgia-Russia-Kazakistan-Uzbekistan-Tajikistan-Kyrgyzstan




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Idea di viaggio

Benvenuti su Teneroad: alla scoperta delle Vie della Seta

Cinque continenti, migliaia di chilometri in moto, incontri indimenticabili e paesaggi mozzafiato: questo è ciò che mi ha spinto a ripercorrere le famose Vie della Seta in solitaria. Tra Russia, Kazakistan, Uzbekistan, Tajikistan, Kyrghyzstan, Georgia e Turchia, ogni curva, ogni guado e ogni passo di montagna ha raccontato una storia.

In questo diario vi porto con me, tra strade sterrate, campeggi selvaggi, piccoli motel improvvisati e città vibranti, alla scoperta di avventure vere, incontri autentici e quella libertà unica che solo una moto sa dare. Preparatevi a sentire il rombo del motore, la polvere della strada e l’emozione di un viaggio che lascia il segno.



Preparativi

Il percorso

Come in ogni viaggio, il punto di partenza è sempre la scelta dell’itinerario. Questa volta il tempo non mi manca, quindi ho deciso di entrare in Kazakistan passando dalla Russia e non dall’Iran, dove sarebbe stato necessario il Carnet de Passage.Raggiunto il Pamir, il mio obiettivo sarà dirigermi verso la Russia, toccando Kazan e percorrendo un tratto della leggendaria Transiberiana fino a Mosca. Da lì avrei potuto rientrare direttamente in Europa, ma alla fine ho scelto la seconda opzione: puntare nuovamente verso la Georgia e la Turchia, per chiudere il cerchio del viaggio.


I visti

Per questo itinerario mi è servito un solo visto: quello russo, nella sua forma tradizionale. Sconsiglio vivamente l’elettronico, perché consente l’ingresso dalla Georgia ma non l’uscita da Astrakhan verso il Kazakistan. Molti viaggiatori italiani, ignari di questa regola, sono stati respinti e costretti a tornare a casa per rifare la pratica cartacea.

Il costo è di circa 250 € presso il Consolato Russo di Milano, con validità di 31 giorni, comprensiva di assicurazione medica e tutela legale. Con un supplemento di 25 € ho incluso anche l’assicurazione per la moto, coperta da tutti i rischi. Una scelta che si è rivelata fondamentale: al confine con la Georgia, appena un chilometro dopo l’uscita, mi è stata chiesta per la prima volta. Senza quel documento avrei dovuto affrontare “richieste non ufficiali” da parte della polizia, ma così sono riuscito a passare senza problemi.


GBAO: serve per entrare nel Pamir. Una volta giunti a Dushanbe recatevi in questo posto (Karaboev Avenue 36/3, Dushanbe, Tagikistan) e chiedete dello sportello per il GBAO, in 20 minuti lo avete al costo di 20$.


Pernottamenti

La mia strategia per dormire è stata semplice: alternare hotel e tenda.In Turchia e Georgia ho preferito quasi sempre campeggiare, e anche in Kazakistan l’idea era di sfruttare spesso la tenda. Una scelta che regala libertà assoluta, anche se qualche volta un letto comodo non guasta mai.

In fondo al blog tutti i consigli sulle app per gli hotel in Russia o per il bivacco e altri consigli utili per il viaggio.


Moto e accessori

La protagonista di questo viaggio non poteva che essere lei: la mia Yamaha XTZ Super Ténéré 1200.Una compagna di viaggio indistruttibile (qui un po’ di scaramanzia non guasta), un vero bulldozer fatto di ferro e gomma che negli anni ci ha portati per strade e piste di Europa, Africa e Asia. Robusta, affidabile, capace di trasportare qualsiasi peso senza battere ciglio. Questa volta, senza la mia “zavorrina”, ho potuto caricare tutto il necessario: tenda, sacco a pelo, attrezzatura da campeggio e abbigliamento estivo, occupando appena il 60% della capacità delle borse.

La manutenzione me la sono fatta da solo, con un check completo prima della partenza: cambio bobine, quattro candele nuove, filtro aria, filtro benzina (che dopo 40.000 km era nero come il carbone), pulizia valvole, olio e filtro olio, olio del cardano, controllo raggi e serraggio viti, gomme nuove, batteria sostituita e una bella pulizia a fondo con olio al silicone. Insomma, quasi un’officina ambulante… o forse una ditta di detailing motociclistico!

Per quanto riguarda gli accessori, la moto è ben equipaggiata: barre paramotore (già rivelatesi miracolose), paramani maggiorati, sella in gel, fari fendinebbia, parafango anteriore e posteriore rinforzati, porta telefono, presa USB, paracoppa in alluminio e la “scarpetta” al cavalletto laterale per non affondare su terreni molli.

Il bagaglio è organizzato con un bauletto in alluminio Trekker, due borse laterali morbide waterproof, un borsone da 80 litri, tenda, materassino e perfino una tanica di benzina (che non ho mai avuto bisogno di usare). Completa il setup una pratica borsa serbatoio Oxford, fedele come sempre.


Accessori digitali

Per quanto riguarda la parte tecnologica, ho scelto di portare con me i classici indispensabili: portatelefono, presa 12V con doppia uscita USB, fotocamera, GoPro e Insta360 X2 per avere sempre un punto di vista diverso sulle strade percorse.

In più, per sicurezza, avevo acquistato anche un adattatore universale con tutti i tipi di spine e un inserto dedicato alla presa del PC, temendo di avere problemi di compatibilità una volta entrato in Russia o in Georgia, soprattutto nei giorni in cui avrei dovuto lavorare da remoto. Alla fine, si è rivelato superfluo: in tutti i Paesi attraversati ho trovato prese identiche alle nostre, quindi l’adattatore non è mai servito.


Valute e pagamenti

Provare a cambiare euro in rubli è stata un’impresa: sia a Salonicco che in Italia, nessuno sembrava disporne, e a dire il vero me lo aspettavo. Per questo motivo, ho optato per prenotare e pagare tutti gli hotel in Russia online, usando l’app Ostrovok, visto che a causa della guerra molti siti internazionali come Booking risultano bloccati.

Tuttavia, lungo la strada in Russia, mi sono fermato nei motel ogni volta che ero stanco, senza prenotare nulla in anticipo. Questa flessibilità mi ha permesso di viaggiare senza stress e adattarmi al ritmo del viaggio.

La mia strategia generale era semplice: entrare in un Paese con la valuta già in tasca, così da evitare rischi, lunghe file al bancomat e perdite di tempo. In tutti i paesi del percorso GBAO si può usare tranquillamente la carta di credito, tranne che nel Pamir, dove è meglio avere contanti. L’unica eccezione alla regola è stata la Lira turca, che ho cambiato prima di entrare in Turchia, perché alle frontiere è sempre più complicato procurarsela all’ultimo momento.


Di seguito le varie tappe. Il viaggio è stato tranquillo fino alla Cecenia per poi trasformarsi in una vera e propria avventura!

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Grecia -Turchia

Lasciato il villaggio di Nea Santa, mi sono diretto verso Ipsala, al confine con la Turchia. La giornata scorre veloce tra paesaggi che cambiano lentamente, fino a quando decido di fermarmi per la notte tra le montagne sopra Alessandropoli. La tenda diventa il mio rifugio: il cielo stellato, l’aria fresca e il silenzio della natura rendono il riposo un’esperienza unica.

A pochi chilometri dal confine si percepisce già l’influenza turca: le moschee spuntano tra i villaggi, alcune targhe portano simboli turchi anche se siamo ancora in Grecia. Mentre scorrazzavo con la moto tra i villaggi, alcuni locali turchi mi hanno invitato al loro tavolo per un caffè, offrendomi anche dell’acqua per il viaggio. Piccoli gesti come questo ti ricordano quanto possa essere calorosa e accogliente la gente anche ai confini tra due Paesi. La prima

Quella notte, sotto le montagne, sentivo davvero il sapore dell'avventura: un passo più vicino alla Turchia e un altro piccolo assaggio della grande storia delle Vie della Seta.

La prima volta che ho fatto rifornimento, il mattino seguente, è stata un’avventura a sé. Un ragazzo alla pompa non sembrava prestare molta attenzione e, nel giro di pochi secondi, la benzina si è sparsa su tutta la moto. Il serbatoio era già pieno al massimo, e il miscuglio di carburante in eccesso ha fatto sì che la moto faticasse ad accendersi.

Per qualche chilometro la XTZ Super Ténéré procedeva a singhiozzo, con quel rumore irregolare del motore che ti ricorda quanto la strada possa sorprenderti quando meno te lo aspetti. Un piccolo spavento, certo, ma anche un perfetto promemoria: con una moto da viaggio ogni dettaglio conta, dalla benzina alla gestione del carico, soprattutto all’inizio di un’avventura lunga come questa.


Ho percorso quella strada verso Ipsala tante volte, eppure ogni volta è come se fosse la prima: la sensazione di partire, l’aria diversa, i dettagli che cambiano, rendono ogni viaggio unico e sorprendente.




Una volta entrato in Turchia, ho proseguito il viaggio e ho dormito in tenda a Burj al Babas, proprio come avevo fatto durante il mio viaggio in Russia nel 2024. Grazie a quell’esperienza precedente, sapevo esattamente dove montare la tenda e come organizzarmi.

Da lì, ho puntato verso Sivas, attraversando paesaggi che mi hanno subito fatto sentire lontano dall’Europa. Le strade si snodano tra vallate e altipiani, e per un attimo mi è sembrato di essere già arrivato a Samarcanda: il fascino delle terre orientali comincia a farsi sentire, con colori, profumi e panorami che ricordano l’Asia centrale.

Avevo in programma di salire sul Monte Nemrut, ma il caldo oltre i 40°C e la mancanza di acqua nelle zone più isolate mi hanno fatto cambiare idea. Nonostante ciò, il viaggio è stato mozzafiato: canyon spettacolari e foreste rigogliose hanno reso ogni chilometro un piccolo tesoro da scoprire.



Georgia - Russia

Sono entrato in Georgia da Batumi, in pieno traffico e sotto un caldo intenso. Prima del controllo doganale, un poliziotto mi ha fermato chiedendomi di mostrare l’assicurazione della moto. L’ufficio di assicurazioni era proprio lì alla frontiera, e non me lo sarei mai aspettato. Mi hanno fatto fare l’assicurazione, ma non mi hanno dato alcun documento cartaceo: pensavo fosse tutto digitale e in regola. Purtroppo, al mio ritorno ho scoperto che si trattava di una truffa e che l’assicurazione non era mai stata registrata. Così mi è arrivata una multa di 32 euro, ancora da pagare. Una piccola lezione di viaggio: anche quando sembra tutto a posto, controllare personalmente i documenti è indispensabile, soprattutto alle frontiere.

Ho proseguito diretto verso il confine, avendo già visitato la Georgia nel 2024, ma anche questa volta le strade e le montagne non hanno deluso: paesaggi spettacolari che cambiavano a ogni curva. Salendo fino alla cima di una montagna, ho incontrato cavalli liberi che pascolavano tranquilli e alcune case particolari, dove i pastori vivevano con le loro famiglie, immerse in un silenzio quasi irreale. Più avanti sono arrivato a un lago, ma ho deciso di campeggiare giù, lungo il fiume, dove il suono dell’acqua e la frescura della sera creavano l’ambiente perfetto per montare la tenda e godermi la notte.

Durante la giornata, non potevo perdere l’occasione di fermarmi a pranzare nel mio ristorante preferito, Tsifori. Come sempre, non potevo rinunciare alla birra locale e ai ravioli georgiani, un classico che sa di casa e di viaggio allo stesso tempo. Dopo il pasto, ho fatto un giro tra i piccoli negozi di souvenir a Stepantsminda e ho comprato un oggetto particolare: un cappello fatto con il pelo di qualche animale, da indossare in testa, perfetto per riportare a casa un pezzo dell’atmosfera di questo Paese.



L’ingresso in Russia da Larsi è stato un’esperienza intensa: montagne altissime e strade ricche di curve hanno reso subito il paesaggio spettacolare. Ho superato la Georgia senza problemi, anche se lì ho scoperto che avevo problemi con l’assicurazione della moto, fortunatamente senza ricevere alcuna multa.

La parte russa, invece, si è rivelata lunga e faticosa a causa della burocrazia. Tutti i documenti vanno compilati in doppia copia, con dettagli minuziosi della moto: anno di costruzione, numero di telaio, valore, itinerario previsto e altro ancora. Stare in fila per ottenere questo documento sembrava quasi come aspettare alle poste: gli ufficiali erano scortesi e sparivano dietro le finestre per poi riapparire ogni 15 minuti.

Nonostante tutto, ho fatto la conoscenza di tanti italiani arrivati in moto, in macchina o in bici. La nostra chiassosa compagnia non è passata inosservata! Ho legato subito con Jamie e Andrea, una coppia di Cesenatico, con cui più tardi abbiamo cenato insieme a Vladikavkaz.

Sempre in frontiera, un ragazzo russo mi ha avvisato che il GPS non funziona a causa dello spoofing, e per trovare l’hotel ho dovuto farmi aiutare dal mio amico di Mosca. Un piccolo intoppo tecnologico, ma che ha reso l’ingresso in Russia ancora più memorabile.



La serata tra noi tre è proseguita in centro città, sotto una pioggia leggera che non ha spento il nostro entusiasmo.

Abbiamo camminato tra le vie illuminate, ridendo, chiacchierando e godendoci l’atmosfera un po’ malinconica e un po’ magica che solo la pioggia sa creare. Nonostante qualche goccia d’acqua, è stato un momento semplice ma prezioso, fatto di confidenze, battute e quella complicità che si costruisce solo con il tempo e le esperienze condivise.



Il giorno seguente, per uscire da Vladikavkaz, ho chiesto indicazioni a tutti i passanti lungo la strada. Alla fine, un ragazzo in macchina si è offerto di portarmi fino alla strada principale che conduce ad Astrachan, al confine con il Kazakistan. Viaggiare senza GPS e spesso senza connessione Internet ti riporta davvero indietro nel tempo: ogni curva, ogni bivio diventano una piccola sfida da affrontare con intuito e attenzione.

Arrivato ad Astrachan, era già notte. Per un errore di percorso avevo preso una strada sterrata che poco dopo si è trasformata in sabbia, fango profondo e buche insidiose. È stata una vera prova: sono caduto tre volte, ritrovandomi coperto di fango fino alla vita, mentre cercavo disperatamente di mantenere l’equilibrio e non bloccare la moto. Nove chilometri di pura fatica e tensione, considerando anche il peso della moto e del bagaglio!

Quando finalmente sono riuscito a ricongiungermi con la strada asfaltata, ho davvero baciato l’asfalto, felice di poter riprendere a viaggiare in sicurezza e con un senso di trionfo tutto mio.



Il mattino seguente, dopo aver pernottato in un hotel dove il minimo soggiorno era di due notti (???), ho chiesto indicazioni per il confine con il Kazakistan finché, con non troppa fatica, sono riuscito a trovare la strada giusta.

Attraversare il ponte galleggiante di ferro, traballante e sospeso sull’acqua, è stata un’esperienza unica e adrenalinica: ogni movimento della moto faceva oscillare tutta la struttura, ma ce l’ho fatta! Le persone del posto mi guardavano come fossi un alieno, con un bisonte di ferro tra le mani non si passa inosservati.


Kazakistan

Al confine, la Russia è stata superata senza problemi, mentre il Kazakistan è stato altrettanto rapido.

Qui ho conosciuto Stefano, un ragazzo di Biella con cui ho condiviso il viaggio fino al Pamir e oltre, separandoci solo quasi due settimane dopo. È stato un compagno di viaggio incredibile, tra risate, sfide e chilometri infiniti.

Subito dopo il confine, entrando in Kazakistan, abbiamo incontrato un gruppo di motociclisti tedeschi, canadesi e austriaci. In modo del tutto spontaneo, mi hanno aiutato a sistemare le sospensioni anteriori, che perdevano olio sui freni: la strada russa di fango, sabbia e buche profonde aveva lasciato il segno, ma fino a quel momento non me ne ero neanche accorto. Un piccolo imprevisto tecnico che si è risolto grazie alla solidarietà dei viaggiatori.



Dopo aver lasciato il confine ci siamo diretti verso Aqtobe, dove la strada asfaltata ci ha guidato verso sud, attraversando la vasta steppa kazaka. Il paesaggio era dominato da distese infinite, interrotte solo da cammelli erranti e cavalli selvaggi che galoppavano liberi. La sensazione di solitudine era palpabile, ma allo stesso tempo affascinante.

Durante il viaggio, ci siamo avvicinati al cratere meteoritico di Zhamanshin, situato nella regione di Aktobe. Questo cratere, con un diametro di circa 14 km e un'età stimata di 900.000 anni, è il risultato di un impatto meteorico che ha segnato profondamente l'ambiente circostante. La sua presenza, anche se lontana dalla strada principale, aggiunge un ulteriore senso di mistero e storia al nostro percorso.

Ogni sera ci fermavamo in diversi motel lungo la strada, senza mai prenotare, lasciando che la stanchezza e il destino decidessero dove riposare. La sensazione di libertà era totale: la birra locale era buonissima, la gente ospitale, e la benzina costava pochissimo, rendendo il viaggio ancora più piacevole e senza pensieri.


Proseguendo verso Turkistan, importante centro storico e culturale del Kazakistan, ci siamo fermati al villaggio di Sauran, che ospita delle rovine antiche davvero affascinanti (Sauran Ancient Settlement Ruins). L’atmosfera del sito mi ha subito riportato alla mente alcuni luoghi visitati in Iran: stesse mura di mattoni cotti dal sole, stessi silenzi carichi di storia. È incredibile come, a distanza di chilometri e culture, certi luoghi riescano a trasmettere emozioni simili.


Successivamente, dopo aver lasciato la città di Symkent, ci siamo imbattuti per caso in un percorso che ci ha condotti a ОРДАБАСЫ – Ұлттық тарихи-мәдени қорығы, un parco storico-culturale nazionale di grande importanza. Qui, su un’altura che domina il paesaggio, si ergono tre imponenti statue che raffigurano figure storiche fondamentali per la storia del Kazakistan.

La strada che si inerpica fino a questo luogo è bellissima: curve dolci tra le colline, panorami aperti e una sensazione di pace che cresce man mano che ci si avvicina alla cima. È stato uno di quei momenti inaspettati che rendono il viaggio ancora più speciale.

Il viaggio attraverso il Kazakistan è stato un'esperienza unica: paesaggi mozzafiato, incontri memorabili e libertà totale. Ogni chilometro percorso aggiungeva un tassello alla nostra avventura, rendendo ogni tappa indimenticabile.assello alla nostra avventura, rendendo ogni tappa indimenticabile.


Sauran Ancient Settlement Ruins
Sauran Ancient Settlement Ruins

Da qui in poi, la strada che porta al confine con l'Uzbekistan è semplicemente inebriante, soprattutto se la si percorre in moto. L’asfalto nero si snoda tra curve morbide e infinite distese dorate, dove il giallo dei campi bruciati dal sole domina il paesaggio. Ai lati della strada, ogni tanto, compaiono cavalli selvaggi: liberi, fieri, come a ricordarti che qui la natura detta ancora le sue regole.

Nel bel mezzo di questo nulla affascinante, non poteva mancare una sosta: una birra fresca in un piccolo chiosco sperduto, che si è trasformata in un momento di incontro. Tra sorrisi, curiosità reciproca e qualche parola in un misto di lingue, abbiamo fatto amicizia con i locali — ed è stato uno di quegli scambi autentici che restano impressi molto più dei luoghi.


Uzbekistan & Samarcanda

L’ingresso in Uzbekistan non è stato semplice. Siamo arrivati tardi nel pomeriggio, ormai immersi nel buio, e già all’inizio ci siamo resi conto che le pratiche burocratiche sarebbero state impegnative: bisogna girare tra diversi uffici e pagare una tassa per entrare nel Paese. Dopo circa tre ore, finalmente eravamo liberi di proseguire, ma ormai non c’era più tempo per arrivare a Samarcanda.

Inizia così la ricerca di un hotel: tutti erano pieni, e alcuni ci proponevano soluzioni davvero improvvisate, come dormire su divani a bordo strada. Proprio quando la situazione sembrava senza via d’uscita, un ragazzo in macchina ci ha affiancati e fermati, offrendoci ospitalità nella sua casa. Ci ha accolti con la sua famiglia, offrendoci la cena e un posto dove dormire nel salone da pranzo che sembrava una piccola reggia. Un gesto di generosità e calore umano che ha reso indimenticabile la nostra prima notte in Uzbekistan.

Il giorno seguente, lungo la strada principale verso Samarcanda, abbiamo constatato quanto la guida notturna possa essere pericolosa: traffico intenso e conducenti spericolati ci hanno fatto rischiare moltissimo più volte. Nonostante la tensione, il paesaggio urbano e le prime luci della città hanno iniziato a trasmettere l’atmosfera unica di questo Paese, mescolando adrenalina, stupore e meraviglia.



Abbiamo guidato per circa 250 km, attraversando paesaggi sempre più aridi ma affascinanti, spinti dall’adrenalina e dalla voglia di arrivare. E poi, eccolo lì: un cartello imponente con la scritta SAMARCANDA. Ce l’abbiamo fatta!

Vedere quel nome scritto a grandi lettere è stato come un sogno che prende forma, la ricompensa dopo giorni di strada e frontiere.


Dopo aver trovato un hotel in centro a Samarcanda, a pochi passi dalle principali attrazioni, io e Stefano ci siamo immersi nell'atmosfera unica della città. Abbiamo iniziato la giornata con un pranzo in un ristorante coreano, un'ottima occasione per assaporare piatti diversi prima di esplorare le meraviglie locali.


La nostra visita è iniziata dalla Moschea di Bibi-Khanym, una delle più grandi moschee del mondo islamico nel XV secolo. Commissionata da Tamerlano in onore della sua amata moglie, la struttura è caratterizzata da una maestosa cupola e da decorazioni in maiolica che testimoniano l'ingegno architettonico dell'epoca.


Proseguendo, ci siamo diretti verso il Registan, una delle piazze più iconiche dell'Asia centrale, circondata da tre madrase: la madrasa di Ulugh Beg, la madrasa di Tilla-Kari e la madrasa di Sher-Dor. Ogni edificio racconta storie di scienza, arte e cultura, con facciate decorate e minareti slanciati che dominano la scena.


Abbiamo poi visitato il bazaar Chorsu, un antico mercato coperto dove il profumo delle spezie e il vociare dei venditori creano un'atmosfera vivace e autentica

La giornata si è conclusa con una passeggiata nella piazza principale, animata da gente del posto e turisti, dove abbiamo potuto osservare la vita quotidiana e ammirare l'architettura che fonde tradizione e modernità.



Il mattino seguente abbiamo lasciato l’Uzbekistan per dirigerci verso Dushanbe, l’ultima tappa prima di affrontare le straordinarie strade del Pamir.


Dopo aver lasciato Samarcanda, abbiamo attraversato il confine passando per Panjakent. Da lì in poi, il paesaggio è cambiato completamente: ci siamo trovati immersi nelle montagne del Fann, una delle catene montuose più belle e spettacolari del Tagikistan.

La strada ha iniziato a salire con curve strette e panorami sempre più ampi. Le montagne erano davvero impressionanti, con pareti rocciose, creste affilate e vallate profonde. Nonostante qualche tratto più impegnativo, l’asfalto era buono e guidare lì è stato un piacere, soprattutto in moto.

Ogni tanto ci fermavamo per fare qualche foto o semplicemente per prendere fiato e goderci il panorama. Un tratto di strada che non dimenticheremo facilmente.


Nonostante la distanza e il ritmo intenso, la strada è stata costellata di piccoli incontri e curiosità, come l’ospitalità spontanea di alcuni abitanti e scorci di natura incontaminata che ci ricordavano quanto fosse preziosa la libertà di viaggiare su due ruote.

Raggiungere Dushanbe ci ha permesso di fare il pieno di energie, riorganizzare bagagli e moto, e prepararci mentalmente e fisicamente all’avventura più impegnativa e spettacolare: il Pamir Highway, dove ogni chilometro regala emozioni uniche e scenari da sogno.


Prima di proseguire verso il centro di Dushanbe, ci siamo fermati da Aziz, un meccanico locale mitico che ci era stato consigliato. Con pochi attrezzi, tanto olio e ancora più esperienza, mi ha ripulito i freni e ha semi-sistemato le sospensioni, che ormai facevano i capricci da un po’.

Un intervento veloce ma provvidenziale, anche se le sospensioni stesse torneranno a darmi problemi più avanti. Ma in quel momento, grazie ad Aziz, eravamo pronti a rimetterci in marcia.



Tajikistan e la Pamir Highway (Wakhan Valley)

Da Dushanbe abbiamo iniziato la nostra avventura verso il Pamir, imboccando la leggendaria Wakhan Valley.

Il Pamir ci ha accolti con la sua maestosità e la sensazione di essere davvero ai confini del mondo: ogni curva, ogni salita e ogni discesa raccontavano storie di montagne antiche e spazi infiniti, rendendo ogni chilometro un’esperienza indimenticabile.

Lungo la strada dopo Külob ci siamo fermati a fare una foto davanti al celebre cartello "Afghanistan", con il ponte e la frontiera proprio lì dietro di noi. Una di quelle immagini che raccontano più di mille parole: pochi metri ci separavano da un altro mondo.

In quel punto abbiamo anche incontrato una famiglia di italiani in viaggio, con cui abbiamo condiviso storie, percorsi e qualche risata. È sempre strano e bello trovarsi dall’altra parte del mondo e parlare la propria lingua con perfetti sconosciuti, che per un momento sembrano amici di vecchia data.



La prima notte l’abbiamo trascorsa a Kalaikhum, ospiti della Roma Guesthouse, una struttura semplice ma accogliente con una terrazza sul fiume che regalava un panorama spettacolare al tramonto e all’alba. Sedersi lì dopo ore di guida tra polvere, sterrato e guadi è stato un momento di puro relax e meraviglia. Il parcheggio della guest house era colma di moto e abbiamo fatto fatica a infilare anche le nostre. Qui la notte è silenziosa e calda

Il mattino seguente ci siamo preparati per affrontare il Khaburabot Pass, uno dei passi più suggestivi della zona ma decisamente fuori strada. La strada era impegnativa, tra sterrato e tratti di ghiaia, ma ogni curva offriva panorami unici. Dopo aver raggiunto la cima, abbiamo deciso di tornare indietro, percorrendo di nuovo la valle e fermandoci a osservare i paesaggi che solo il Pamir sa regalare: montagne imponenti e fiumi incazzati che scorrevano tra le rocce.

Questa tappa iniziale ci ha fatto capire subito quanto il Pamir sia un mix di bellezza estrema e difficoltà continua, un luogo dove la moto diventa una compagna indispensabile e ogni chilometro un’avventura da ricordare.



La seconda tappa del nostro viaggio in Tagikistan è stata Chorug, una piccola città incastonata tra le montagne del Pamir. Qui abbiamo fatto due incontri davvero particolari.

Il primo è stato con un ragazzo sardo, anche lui in viaggio, con cui abbiamo scambiato due chiacchiere prima che il giorno dopo prendesse una direzione diversa dalla nostra. Breve ma piacevole.

Il secondo incontro, invece, è stato decisamente fuori dal comune: Paolo, un signore sordo-muto di 75 anni, che sta viaggiando da solo senza poter sentire nulla. Un personaggio incredibile, pieno di energia e determinazione. Vedere qualcuno affrontare un viaggio così impegnativo in completa solitaria, nonostante le difficoltà evidenti, è stato fonte di grande rispetto e ispirazione.

Abbiamo cenato tutti insieme quella sera, tra birre, risate e storie di viaggio. Nonostante le barriere linguistiche, con Paolo è stato facilissimo comunicare: bastavano i gesti, qualche sorriso e la voglia di condividere la strada.

Dal giorno seguente, Paolo si è unito a noi e abbiamo proseguito insieme fino a Osh. La sua presenza è stata una sorpresa continua: sempre presente, mai in difficoltà, con un’energia che non ti aspetteresti da un uomo di 75 anni in viaggio da solo e senza poter sentire nulla. Un vero esempio di spirito libero.


Spesso ci fermavamo per mangiare qualcosa lungo la strada, assaporando il tipico piatto locale, il Plov, cucinato e servito nei piccoli chioschi o direttamente dai villaggi. Ogni sosta diventava un’occasione per incontrare la gente del posto: bambini che ci correvano incontro, felici di salutare i motociclisti strani e affamati di curiosità, rendevano ogni tappa più vivace e autentica.

Contrariamente alle nostre aspettative, lungo buona parte del Pamir c’era linea e internet funzionava, permettendoci di restare in contatto con il mondo esterno, inviare foto e aggiornamenti, pur essendo immersi in uno degli scenari più remoti e selvaggi dell’Asia centrale.


Durante il viaggio abbiamo imparato subito che i guadi vanno affrontati di mattina, quando l’acqua è più bassa e il passaggio è meno rischioso.

Ne abbiamo affrontati due principali: il primo era piccolo ma sorprendentemente profondo; il secondo, più impegnativo, richiedeva di entrare con la moto e seguire il corso del fiume sui ciottoli fino al ricongiungimento con la strada principale. Questo passaggio è stato particolarmente difficile e uno dei nostri è caduto nel fiume, fortunatamente senza conseguenze. Momenti come questi rendono chiaro quanto sia importante preparazione, concentrazione e collaborazione tra compagni di viaggio.

Per quanto riguarda i rifornimenti, i benzinai si trovano abbastanza facilmente lungo la strada, anche se a volte la disponibilità è limitata a benzina 92 ottani. Nonostante questo, la moto non ha avuto difficoltà e ha continuato a macinare chilometri senza problemi, dimostrandosi una compagna di viaggio affidabile e instancabile.




Verso la fine della Wakhan Valley, il caldo intenso, la sabbia e il vento che soffiava alle spalle hanno messo a dura prova la moto. La temperatura saliva rapidamente, fino a far scattare gli allarmi di surriscaldamento, costringendomi a rallentare e a fare attenzione a ogni metro percorso.

Arrivati in hotel, è stato chiaro che la manutenzione era urgente: il cambio olio si è reso necessario, perché l’olio era diventato liquido come acqua e di un colore troppo scuro per garantire il corretto funzionamento del motore. Anche il filtro dell’aria, completamente impregnato di polvere, non aiutava minimamente a raffreddare il motore o a proteggere le prestazioni.

Le sospensioni, già messe a dura prova dai guadi e dai terreni accidentati, continuavano a perdere olio, che ricadeva sui freni rendendo la guida un po’ più impegnativa. Nonostante queste difficoltà, siamo comunque andati avanti, guidati dalla voglia di completare il percorso e dalla determinazione di superare ogni ostacolo che la Wakhan Valley ci metteva davanti.


La terza tappa è stata Murghab, una cittadina sperduta tra le montagne del Pamir, dove abbiamo dormito all’interno di una yurta. Che esperienza! Essenziale ma accogliente, con quel fascino un po’ ruvido che solo certi posti sanno trasmettere.

Murghab offre il minimo indispensabile: qualche piccolo market, un paio di benzinai e non molto altro. Ma è anche un vero crocevia per viaggiatori, soprattutto ciclisti e motociclisti. Infatti, l’hotel era strapieno: tende, moto parcheggiate ovunque, lingue e accenti da mezzo mondo.

Qui abbiamo approfittato per ricaricare le forze, perché il giorno dopo ci aspettava una delle tappe più iconiche del viaggio: il lago Karakul e il famoso passo Kyzyl Art che porta in Kirghizistan.



L'indomani, dopo ore di guida tra montagne e sterrati siamo arrivati al lago Karakul, un piccolo gioiello incastonato tra le montagne del Pamir. L’acqua limpida rifletteva le vette circostanti, creando uno scenario quasi surreale, e la sensazione di isolamento e bellezza era totale.

Qui abbiamo trovato una guesthouse sorprendente (Homestay Aigerim), diversa da qualsiasi altra struttura incontrata fino a quel momento. La casa era coloratissima, piena di dettagli vivaci e accoglienti, e il bagno era esterno. La doccia, a dir poco avventurosa, funzionava in modo meccanico: un semplice pentolino serviva per mescolare acqua calda e fredda, regalando però una doccia rinvigorente dopo una giornata intensa tra polvere, vento e sole del Pamir.

La bellezza del lago, l’ospitalità semplice ma calorosa della guesthouse e la possibilità di riposare ci hanno permesso di ricaricare energie, pronti per le ultime tappe di questa incredibile avventura. Qui abbiamo incontrato famiglie dall'Australia, Francia, Austria e Germania e la cena veniva servita a tutti noi in un grande tavolo.

Prima che facesse buio abbiamo girovagato per il villaggio e inaspettatamente, un gruppo di ragazzi locali ci ha invitato a una partita di pallavolo. Nonostante la fatica, ci siamo uniti al gioco, ma l'altitudine ci ha messo alla prova: il cuore batteva forte, il fiato mancava e, alla fine, ci siamo ritrovati a sputare sangue per la fatica. Un'esperienza che ha messo in evidenza quanto l'altitudine possa influire sulle prestazioni fisiche.



Dopo aver riposato al lago Karakul, affrontare le ultime tappe del Pamir significava prepararsi a superare il passo montano Kyzyl Art verso il Kyrgyzstan. L’altitudine continuava a farsi sentire: ogni metro percorso richiedeva più sforzo, il respiro era corto e la fatica evidente. Il passo verso il Kyrgyzstan è stato impegnativo: strade strette, sterrato e vento e da affrontare con attenzione. Ma la ricompensa era incredibile: panorami che spaziavano dalle montagne innevate alle vallate profonde, e la sensazione di essere veramente ai confini del mondo, tra silenzio assoluto e natura incontaminata.

Una delle esperienze più belle e uniche del viaggio l’abbiamo vissuta proprio qui, al passo, poco prima di entrare in Kirghizistan.

In mezzo al nulla, a un'altitudine estrema e con un vento gelido che non dava tregua, una povera famiglia con un bimbo piccolo aveva allestito una specie di rifugio per accogliere i viaggiatori di passaggio. Ci hanno fatto entrare e ci hanno offerto tè caldo e qualcosa da mangiare, con una gentilezza che ci ha davvero colpiti.

L’interno era tutto in legno malridotto, sembrava potesse crollare da un momento all’altro, ma non importava. Condividere anche solo poche ore con loro, ascoltare i silenzi, osservare i gesti quotidiani in un luogo così estremo... è stato qualcosa che non dimenticheremo. Un’esperienza senza prezzo.


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Kyrgyzstan

La strada che porta al confine con il Kirghizistan inizialmente era asfaltata, ma man mano che scendevamo di quota si è trasformata in terra e fango. Come se non bastasse, ha iniziato a nevicare leggermente, rendendo l’atmosfera ancora più surreale.

Alla frontiera non c’era praticamente nessuno, ma nonostante fosse vuota, ci abbiamo messo ore. Per registrare anche la moto serviva una connessione internet, ma ovviamente non c’era campo. Dopo un po’ di tentativi a vuoto, due ufficiali ci hanno gentilmente passato il loro hotspot: grazie a loro siamo riusciti a completare tutto, ma l’intera procedura è stata lentissima.Immaginate se ci fosse stata coda…

Una volta lasciato il confine alle spalle, la neve si è trasformata in pioggia, e la lunga strada che porta a Osh sembrava lunare: paesaggi aperti, silenziosi, quasi fiabeschi. Ovunque cavalli selvaggi, yurte e un senso di libertà totale. Un tratto che ti resta addosso. Il freddo ci ha decisamente indeboliti, ma fortunatamente lungo il percorso abbiamo trovato tratti di sole e calore, che ci hanno ridato energia.



La sera abbiamo dormito in una guesthouse accogliente, recuperando forze e calore per la tappa successiva. Il giorno seguente abbiamo salutato Paolo il nostro compagno sordo e ci siamo diretti verso Almaty, ma prima del confine ci aspettava ancora un passo montano e una strada sterrata infinita, faticosa ma spettacolare.

Lungo il percorso si notavano cantieri e lavori stradali, e i cartelli e le targhe dei camion erano cinesi, un dettaglio curioso che ricordava quanto questa regione sia crocevia di culture, rotte commerciali e influenze lontane. Ogni chilometro continuava a regalare scenari mozzafiato e la sensazione di essere in un mondo completamente diverso, lontano dalla vita di tutti i giorni.


Kazakistan

L’ingresso in Kazakistan da Korday è stato semplice e senza intoppi. Ho ripercorso la stessa strada a ritroso, tutta asfaltata, fermandomi nei motel trovati all’ultimo minuto e pagando sempre con la carta, evitando qualsiasi problema legato al contante.

Non sono però mancate le sorprese locali: un poliziotto, con la scusa che la mia assicurazione era scaduta da due giorni, mi ha chiesto 40 euro in nero. Una situazione fastidiosa, ma il giorno dopo, a colazione, un altro poliziotto mi ha fermato per chiedere se tutto fosse andato bene e se avessi avuto problemi con la polizia. Dopo aver annuito, mi ha fatto fare regolarmente la denuncia, dimostrando che a volte la correttezza e la trasparenza prevalgono.

Spero davvero che quei 40 euro siano stati il peggiore inconveniente del viaggio di quel poliziotto corroto, perché, a parte questo, la strada, i paesaggi e le esperienze vissute meritano ogni chilometro percorso.


Dal confine di Korday il viaggio è proseguito senza intoppi. Ho continuato a risalire il Kazakistan lungo le strade asfaltate fino a raggiungere Aqtobe, attraversando ancora una volta gli spazi infiniti di questo Paese, con le solite soste nei piccoli motel trovati lungo la strada. Ogni sera una nuova esperienza, sempre improvvisata, ma sempre con la sicurezza di trovare un tetto e qualcosa di caldo da bere o mangiare.

Da lì ho proseguito verso il nord, fino a rientrare in Russia. Le giornate erano lunghe e il paesaggio lentamente cambiava, lasciando alle spalle steppe e silenzi per riavvicinarmi a città più grandi e movimentate.


Russia

Dopo tanti chilometri, finalmente ho raggiunto Kazan, una città che segna quasi simbolicamente il ritorno alla civiltà dopo le terre remote attraversate. Qui la sensazione era duplice: da un lato la soddisfazione per aver percorso migliaia di chilometri in condizioni spesso difficili, dall’altro un velo di nostalgia per i paesaggi selvaggi e gli incontri autentici che avevano caratterizzato le settimane precedenti.


Lasciato il Kazakistan alle spalle, ho ripreso la marcia in Russia. Di nuovo senza internet e senza GPS, orientarsi non era affatto semplice. Il clima non aiutava: freddo, pioggia e quella sensazione di isolamento totale che solo certe strade sanno trasmettere.

La sera, stremato, mi sono rifugiato in un piccolo motel lungo la strada. Qui, per fortuna, c’era il wifi: sono riuscito a scaricare nuove mappe offline che mi hanno dato un minimo di sicurezza per i chilometri successivi. La proprietaria, però, non mi accolse con entusiasmo: era visibilmente ostile nei confronti di uno straniero e la barriera linguistica non aiutava affatto.

I russi sono così: 50% ostili e 50% incredibilmente ospitali. Un popolo duro, a volte difficile da capire, ma che alla fine finisci per rispettare e, in qualche modo, voler bene.


Una sosta inaspettata: Nizhny Novgorod

Il freddo, la pioggia e l’assenza di internet mi avevano un po’ logorato, ma il viaggio sa sempre come sorprendere. Una sosta inaspettata è stata Nizhny Novgorod: la città mi ha accolto con la sua scalinata monumentale che scende verso il Volga, regalandomi un panorama che sembrava una cartolina.

Dall’altra parte del fiume si ergeva una chiesa elegante, mentre nel centro l’atmosfera era viva: ragazzi che cantavano per strada, portando energia e calore. Persino le aiuole curate con precisione mi hanno colpito, un dettaglio che racconta tanto dell’orgoglio cittadino.

Qui ho conosciuto anche una coppia di ragazzi russi del posto, che mi hanno invitato a cena. È stato bello condividere la serata con loro, chiacchierando e ridendo nonostante le difficoltà della lingua: un ricordo semplice, ma che ha reso quella tappa ancora più speciale.



Mosca

Dopo una notte trascorsa in un ostello decente nel centro di Nizhny Novgorod, ho fatto il pieno e ripreso la strada in direzione Mosca. Durante il tragitto ho incontrato un gruppo di motociclisti russi: persone semplici e simpatiche con cui ho condiviso un tratto di strada tra chiacchiere, risate e il rombo dei motori.


Arrivato a Mosca, ho raggiunto una coppia di amici che avevo già conosciuto nel mio viaggio in Russia del 2024. Mi hanno ospitato nuovamente con grande affetto e la sera mi hanno portato a scoprire la parte più moderna della città, con i grattacieli illuminati che sembravano voler sfidare il cielo.

Con loro c’è stato anche uno scambio speciale: io gli ho consegnato una frizione per scooter, un ricambio difficile da trovare in Russia a causa delle restrizioni, mentre lui mi ha regalato un filtro dell’aria nuovo per la mia Yamaha, visto che quello che avevo era ormai completamente logorato dalla polvere del viaggio. Un gesto reciproco di amicizia e sostegno che mi ha ricordato quanto, anche in un viaggio solitario, non si sia mai davvero soli.


La serata è poi continuata al ristorante del fratello di lei, lo stesso dove ero stato anche nel 2024. Questa volta lo chef era Domenico, un ragazzo di Bari che vive a Mosca da dieci anni, sposato e padre di due figli. Con un sorriso che profumava d’Italia, mi ha preparato delle tagliatelle al tartufo spettacolari e una cheesecake speciale che ancora oggi ricordo con l’acquolina in bocca.

Grazie Domenico: trovare un pezzo d’Italia in mezzo alla Russia è stata un’emozione inattesa, che ha reso questa tappa a Mosca indimenticabile.



Verso Vladikavkaz e l’ultimo incontro con la polizia

Il viaggio è continuato senza problemi fino a Vladikavkaz, tra strade familiari e paesaggi che già conoscevo dai miei viaggi precedenti. La stanchezza si faceva sentire, ma la soddisfazione di percorrere chilometri e chilometri di Russia senza intoppi era enorme.

All’ultimo posto di blocco prima di uscire dalla città e raggiungere il confine, però, un poliziotto russo ha tentato di rifilarmi una “multa” con una scusa assurda, un classico episodio che sembra uscire da un film. Stanco e provato dal viaggio, e senza più un rublo a disposizione, gli ho fatto capire chiaramente che non avrebbe potuto ricevere nulla.

Dopo qualche sguardo di circospezione, ha lasciato perdere, e finalmente ho potuto riprendere la strada verso il confine, con la mente libera e il cuore leggero. Un episodio che ricorda quanto, anche nei viaggi più lunghi e complessi, la fermezza e un pizzico di ironia possano salvarti da situazioni assurde.


Georgia - Turchia - Casa

Dopo l’uscita dalla Russia, il viaggio è proseguito in Georgia, dove ho trovato un luogo spettacolare per campeggiare lungo un fiume. Probabilmente il campeggio più bello mai fatto: acqua limpida, natura intatta e la sensazione di essere completamente immerso nel paesaggio.

Proseguendo verso Batumi, però, sono incappato nella sorpresa della multa per l’assicurazione non valida, un piccolo inconveniente che però non ha intaccato l’entusiasmo del viaggio.

Poi è stata la volta della Turchia, fino a Burj al Babas, dove ho campeggiato per la terza e ultima volta, godendomi la libertà di dormire all’aria aperta tra le rovine e i paesaggi incredibili.

Un anneddoto simpatico sulla seconda notte in Turchia: sapevo che stavo per lasciare la Turchia, ma volevo passare un'altra notte campeggiando da qualche parte, lontano dal traffico e dalla confusione. Era ormai buio e trovare un posto sicuro dove piantare la tenda si stava rivelando più difficile del previsto. Troppe macchine, troppa gente, troppa luce.

Così ho lasciato la strada principale e, guidando al buio, ho risalito le montagne sopra la città fino a raggiungere un piccolo villaggio sperduto. Nessuna insegna, niente turismo. Solo silenzio, qualche luce fioca e il rumore del motore che rompeva la quiete.

In cima al villaggio ho trovato una moschea. Il cancello era aperto, e sotto la tettoia c’erano alcune panchine di legno. Era tutto deserto. Mi sono seduto, ho spento la moto, e ho deciso che quella sarebbe stata la mia "camera" per la notte. Protetto dalla tettoia, al riparo dall’umidità, ho tirato fuori il sacco a pelo e mi sono steso lì, sotto il cielo nero e immobile.

Non so se fosse la stanchezza, il silenzio irreale o semplicemente la pace del luogo, ma ho dormito profondamente. Nessun rumore, nessun disturbo. Solo la sensazione, difficile da spiegare, di essere nel posto giusto al momento giusto. Una notte semplice, ma indimenticabile.


La mattina del ritorno a casa ho preso una vera bomba d’acqua, una pioggia intensa che sembrava voler mettere alla prova anche l’ultimo tratto. Ma, quasi per magia, appena arrivato a destinazione il sole ha fatto capolino, salutando me e la mia moto dopo settimane di avventura.

Un viaggio lungo, difficile e meraviglioso, fatto di strade sterrate, passi di montagna, incontri inaspettati e gesti di amicizia che rimarranno per sempre impressi nella memoria.



Conclusione: il viaggio lascia il segno

Questo viaggio attraverso Russia, Kazakistan, Uzbekistan, Tajikistan, Kyrghyzstan, Georgia e Turchia è stato una combinazione di avventura, fatica e meraviglia. Strade sterrate, guadi da affrontare di mattina, passi montani, fango, sabbia e il caldo torrido hanno messo alla prova me e la mia Yamaha XTZ Super Tenerè, ma ogni difficoltà ha reso più intensi i momenti di bellezza e libertà.

Ho incontrato persone straordinarie: compagni di viaggio improvvisati, famiglie ospitali, amici già conosciuti e nuovi contatti che hanno reso ogni tappa un’esperienza umana unica. Ogni gesto di gentilezza, ogni chiacchiera e sorriso, ogni cena condivisa, ha arricchito il viaggio più di qualsiasi panorama.

La moto oggi è provata, con il faro rotto, il parafango mancante e le sospensioni da sistemare, ma ogni segno sulla sua carrozzeria racconta una storia. E proprio come la moto, anche io torno a casa con ricordi indelebili, una mente piena di immagini incredibili e un cuore leggero, pronto a ripartire verso la prossima avventura.

Viaggiare non è solo percorrere chilometri: è lasciare spazio alla scoperta, accettare l’imprevisto, e tornare a casa più ricchi dentro di quanto lo si era all’inizio.



Suggerimenti utili per chi vuole percorrere le Vie della Seta in moto


Documenti necessari

  • Passaporto valido per Russia, Georgia, Armenia e gli altri Paesi del percorso.

  • Per la Russia, il passaporto deve essere integro, senza angoli piegati, altrimenti rischiate di non essere ammessi.

  • Il visto russo deve essere doppio ingresso se intendete tornare in Russia.

  • Assicurazioni: la sanitaria è inclusa nel visto, ma consiglio di avere anche una buona assicurazione stradale.

Dove dormire

  • Gli hotel di fascia medio-alta garantiscono maggiore pulizia, soprattutto in Paesi dove gli standard possono essere diversi.

  • In molti Paesi si può anche campeggiare liberamente, scelta personale a seconda di comfort e sicurezza.

SIM e internet

  • Ho utilizzato una global eSIM da 60 €, che si connette automaticamente entrando in un nuovo Paese.

  • In Russia, a causa delle restrizioni, la SIM non ha funzionato: dipende dall’operatore, alcuni hanno accordi migliori.

Cambio valuta

  • In Russia le carte straniere non funzionano ovunque: conviene cambiare contanti nelle banche, assicurandosi che siano integri.

  • Meglio avere anche una carta di credito russa, molto più utilizzata dei contanti.

  • Negli altri Paesi la carta funziona quasi ovunque.

Accessori moto consigliati/obbligatori

  • Gilet catarifrangente: obbligatorio in alcuni Paesi, ma spesso non controllato.

  • Kit riparazione pneumatici e kit gonfia pneumatici: essenziali anche se, per fortuna, non ho mai bucato.

  • Filtro benzina: utilissimo, soprattutto in Russia o in Paesi dove la benzina può essere contaminata dall’acqua.

  • Filtro dell’aria nuovo e guarnizioni sospensioni: consigliati per affrontare fango, polvere e lunghi percorsi.

Assicurazioni

  • In Russia, ho fatto assicurazione medica e legale insieme a quella per la moto.

  • In Georgia e Kazakistan, l’assicurazione moto è obbligatoria: la polizia la richiede ai controlli.

Consigli generali

  • Non lasciatevi condizionare da persone o media: viaggiare in Russia comporta rischi simili a quelli in Italia o in Europa, basta preparazione e prudenza.

GBAO per il Pamir

  • Permesso necessario per percorrere la Wakhan Valley: si può fare online tramite il sito del Tajikistan oppure direttamente a Dushanbe.



Itinerario in mappa:





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